Ayobola Kekere-Ekun

Ayobola Kekere-Ekun Immagine cortesia di: C+N Canepaneri

Biografia di Ayobola Kekere-Ekun

Ayobola Kekere-Ekun (nata nel 1993) è un’artista visiva contemporanea. È nata a Lagos, Nigeria. Ha conseguito la laurea e la laurea magistrale in arti visive presso il Dipartimento di Arti Creative dell’Università di Lagos, specializzandosi in Graphic Design. Attualmente sta perseguendo un dottorato in Arte e Design presso l’Università di Johannesburg, in Sudafrica.

Il lavoro di Ayobola Kekere-Ekun esplora spesso temi legati al genere, alla mitologia, al potere e alla condizione umana in modo multistrato; crea opere attraverso un processo laborioso. Il suo lavoro è fortemente influenzato dalle esperienze personali e dalle osservazioni. È particolarmente interessata a esplorare la sottile interazione di tempo, spazio, genere, potere e strutture sociali nella società contemporanea.

Ayobola lavora principalmente con una tecnica nota come quilling, in cui strisce di carta vengono sagomate individualmente per creare forme. Tende a fare quilling con una varietà di materiali che rispondono bene alla tecnica, inclusi nastri e strisce di tela. Sperimenta costantemente nuovi modi per esplorare i materiali e le loro capacità. Ayobola considera l’intricata complessità del suo lavoro come una metafora visiva della complessità dei temi con cui si occupa.

Statement dell’artista

Il nucleo della mia pratica artistica si basa su tre pilastri fondamentali. Il primo è l’attrazione per le linee. Ho sempre avuto una genuina fascinazione per le linee. Trovo interessante come il componente primario di tutte le forme complesse possa essere ambiguo e carico di significato. Una linea può connettere e separare, racchiudere ed escludere, indirizzare e disorientare, tutto contemporaneamente. In larga misura, il mio lavoro è una manifestazione tridimensionale di linee. Amplifico la loro complessità permettendo loro di catturare piccole tasche di luce e proiettare ombre sottili. Questo diventa un modo per estrapolare visivamente piccole storie all’interno di narrazioni più ampie. Il secondo pilastro è la presunta neutralità della carta. Considero la carta come un cavallo di Troia concettuale. È un materiale di base, apparentemente insignificante, che esiste sullo sfondo delle nostre vite; banale, affidabile e ordinario. Facendo della carta il fulcro visivo della mia arte, incoraggio il mio pubblico a rivalutare il valore e il potenziale del materiale. Questa riconsiderazione sottolinea anche un tema ricorrente nella mia pratica, ovvero che le cose sono raramente ciò che sembrano essere.

Il terzo pilastro è l’uso di tessuti nella società Yorùbá, in Nigeria. In tutta la mia pratica, utilizzo i tessuti come riferimento alla pratica dell’Aṣọ ẹbi nella società nigeriana. Aṣọ ẹbi, che si traduce come “tessuto familiare”, si riferisce alla scelta di un tessuto che funge da “uniforme” indossata da famiglie e amici durante cerimonie comunitarie come matrimoni, compleanni e funerali. È inteso come segno d’amore, sostegno e cameratismo. La pratica è stata, però, corrotta nei tempi contemporanei, diventando una fonte comune di dispute quando i prezzi vengono inflazionati eccessivamente per trarne profitto e i membri della comunità sono incapaci o non disposti a procurarsi il tessuto. Il mio utilizzo dei tessuti fa riferimento a come il positivo possa rapidamente mutare assumendo connotazioni negative. È anche una rappresentazione visuale della pressione e delle aspettative della società.

Mi diverto a esplorare temi legati al genere, alla memoria, alla mitologia e all’identità. Il mio lavoro implica il posizionamento di strisce di carta sui loro bordi per creare forme. È un processo piuttosto laborioso poiché ogni striscia deve essere misurata, manipolata e fissata manualmente. Affronto la carta come un mezzo pittorico senza pigmenti. La complessità visiva della mia arte diventa una metafora visiva per la difficoltà dei temi che affronto. La mia arte è spesso visivamente giocosa e coinvolgente, caratterizzata dall’intricato intreccio di colori vivaci. Penso all’accessibilità visiva del mio lavoro come a una sorta di “trappola”. Attira il pubblico a impegnarsi prima di rivelare la materia oscura con cui si occupa; un costante ricordo della fallacia del valore apparente.

Opere

Sito ufficiale di Ayobola Kekere-Ekun

https://ayobolakekere-ekun.com/

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